La Polinesia: Tahiti, Bora Bora e Pago Pago

Le previsioni del tempo non sono molto favorevoli quando sbarchiamo a Papeete. Se qui la variabilità è la regola, la stagione delle piogge, che corrisponde alla loro estate, regala un orrendo clima caldo e umidità in abbondanza, favorevole al proliferare delle zanzare. Muniti di tutti i possibili presidi ci accingiamo a scendere per visitare l’isola. Tahiti è parecchio occidentalizzata – d’altronde la presenza francese risale alla fine del Ottocento – ma ha anche parecchio colore locale come un vastissimo mercato dove si vendono frutta e prodotti del luogo, piccolo artigianato, conchiglie, le mitiche coroncine di fiori.

Papeete ingresso barriera corallina Papeete frutta al mercato

I parchi sono ben curati e ricchi di una vegetazione davvero lussureggiante. Le stesse piante che da noi restano irrimediabilmente nanerottole e le usiamo come piante da appartamento a Tahiti crescono in alberi giganteschi. Dappertutto si sente l’odore del gelsomino e della magnolia, piante che qui hanno dimensioni enormi.

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La popolazione locale è molto meticcia e tutti gli incroci possibili danno ottimi risultati. È anche molto gentile e cordiale, allegra e sorridente. L’unico difetto è un imperversante sovrappeso che qui colpisce tutti, donne uomini e anche i bambini. Probabilmente è dovuto alla diffusione di un’alimentazione da fast food che in questa terra di piante stupende ha sostituito il cibo tradizionale. Sembra una follia ma ancora una volta noi bianchi con i vari marchi McDonald’s, Coca cola e affini abbiamo corrotto e rovinato una popolazione bellissima. Ma chi è responsabile però? chi offre cibo spazzatura o chi lo sceglie e pur avendo a disposizione degli ottimi cibi si lascia irretire?
Per fortuna i buoni cibi del luogo, le banane piccole, le dolcissime papaie e i mango ben maturi vengono imbarcati sulla nave e mi preparo a farne delle sane abbuffate.
La città nel suo suburbio ha caratteristiche tipicamente europee. Ci sono supermercati, negozi, ristoranti con menù francesi, insomma c’è poco di esotico. La popolazione polinesiana, che proviene dall’Indonesia e ha gli stessi caratteri somatici di quelle popolazioni, ha, come dicevo, un carattere molto allegro e solare e anche fondamentale onesto. Non ci pare vero – dopo aver visitato l’America meridionale, dove tutti cercavano anche nelle piccole cose di truffare – che qui in Polinesia siano corretti e onesti. Beh quasi tutti… perché in un’androna stretta uno del luogo cerca di impossessarsi del portafoglio del mio consorte, ma noi siamo ben esperti di viaggi e armati fino ai denti e il povero aspirante borseggiatore deve andarsene con le pive nel sacco.
Bastano poche orette per farci ritornare alla nave in un bagno di sudore. Il clima è davvero insopportabile. Nelle vicinanze della città ci sono spiagge frequentate dalla gente del luogo, che non finisce mai di stupirmi per il suo coraggio o la sua incoscienza. Sotto rocciosi impervi, tra flutti da brivido, sguazzano tranquilli con le loro pagaie o nuotano a forti bracciate. Indubbiamente il mare ce l’hanno nel sangue.

Thaiti malt Tahiti in mare 2016

Se si vuole trovare invece un mare tranquillo dove fare una nuotatina si può andare nella laguna blu di Bora Bora.
Arrivati con il tender a Bora Bora, con un piccolo motoscafo raggiungiamo un resort sul motu Tevairoa e entriamo nel paradiso terrestre.
Ci mettono al collo collane di gelsomini, ci accolgono in una hall dallo stile decisamente polinesiano, ci mettono in mano un drink, ci riforniscono di pinne boccaglio e teli da mare. Le sdraio sono situate sotto alte palme da cocco che punteggiano la spiaggia.

Bora Bora Pearl Beach Bora Bora Pearl Beach

La spiaggia, manco a dirlo, è di quelle bianca bianca lunga lunga con le solite alte palme da cocco e con un clima delizioso. Per chi non volesse nuotare in laguna c’è l’alternativa di un’infinit-pool tra verdeggianti piante.
Ci aspetta poi un ristorante che serve cibi ottimi e caratteristici come il maki maki, un pesce del luogo che vediamo pescare, insalata di frutta esotica e ottimi succhi di mango, il tutto corredato però da una vera e propria marea di mosche che si dilettano a passeggiare su ogni cosa, dal pane alle pietanze, dai bicchieri alla nostra faccia. Qui gli insetti sono davvero il maggior problema e quando ci addentriamo nella vegetazione lungo un sentiero che conduce alla Spa – sempre in stile rigorosamente polinesiano, in mezzo a piante rigogliose, munita di grandi pale e costruita con materiali naturali – mentre vengo unta di oli e massaggiata il maggior mio pensiero sono le zanzare, e difatti- ahimè – vengo punta, anche perché i repellenti che avevo spalmato abbondantemente al mattino sono stati ampiamente dilavati dal mare e dall’olio. Speriamo bene.

Bora Bora Pearl Beach Resort Bora Bora Pearl Beach Resort

Ritorno alla spiaggia dove la cosa migliore è sdraiarsi sotto un ombrellone e utilizzare la brezza come repellente antizanzare. La maggior parte delle persone sono giovani coppie, penso in viaggio di nozze, che vive un po’ in quel paradiso grazie ai soldi propri o dei genitori. Per essere un resort dove la sistemazione minima parte dai 500 euro la notte bisogna dire che si trattano proprio bene. Mi vengono in mente i nostri viaggi avventurosi e la cinquecento spinta all’inverosimile e i temporali sotto la tenda in montagna e il caldo insopportabile dei viaggi in automobili senza aria condizionata. Altri tempi.
Ci godiamo anche noi un po’ quella meraviglia poi riprendiamo il motoscafo. Per fortuna la preannunciata pioggia non è arrivata e noi riusciamo a mettere piede sulla nave prima che riprenda il diluvio che ci aveva deliziato a Tahiti e aveva costretto la nave a saltare la sosta di Morea a causa del mare agitato e di un tifoncino. È evidente che la Polinesia va visitata nella stagione secca. Durante la loro stagione estiva il caldo e l’umidità sono davvero insopportabili e il rischio cicloni è alto.

Dopo due giorni di navigazione arriviamo a Pago Pago e siamo nelle Samoa americane. Qui a tutti gli effetti si respira aria Usa: gran parte delle automobili sono dei pick up e la segnaletica ha le linee gialle. Gli americani utilizzano il porto eccezionalmente profondo in questo settore del Pacifico per delle basi militari aeronautiche e navali. Il caldo è insopportabile già di buon mattino e noi con un bus aperto eccezionalmente spartano con panche scomode, nessuna cintura di sicurezza e in compenso molti fiori di pessimo gusto sulle fiancate, ci accingiamo a fare il tour dell’ isola. Ci fermiamo presso delle formazioni rocciose che sono un po’ il simbolo di Pago Pago: Fatu ma Futi e poi vediamo spiagge scure e zone devastate dallo tsunami del 2009, rimesse a posto grazie all’intervento degli Stati Uniti che hanno sistemato dei frangiflutti di legno lungo la spiaggia, a protezione dell’ unica strada che percorre l’isola lungo la costa.
In stile Usa sono pure le case di cartone e legno che sono disseminate qua e là in mezzo a una vegetazione più che lussureggiante, una vera e propria inestricabile giungla, con palme e alberi di ogni tipo tra cui prevalgono il cocco e l’albero del pane che si arrampicano sulle pendici scoscese.

Pago Pago Pago Pago Utulei

Le case sorgono ovviamente solamente lungo la costa, perché l’interno è del tutto inaccessibile. Hanno la caratteristica di avere nelle vicinanze le tombe degli antenati che continuano a vivere in simbiosi, il che per un verso è bello perché non rimuovere la morte, come facciamo noi occidentali, genera molta pace, però indubbiamente rende poco dinamico il mercato immobiliare.

Pago Pago Pago Pago

Vicino alle case ci sono anche delle strutture circolari rette da colonne che sono dette case dei nostri. In pratica se arriva qualcuno viene ospitato al coperto. Andiamo a visitare del Tauese Museum, edificio che fu sede dell’ultimo governatore dell’ isola. Visitiamo poi un museo etnografico in cui si vedono le barche e alcuni oggetti artistici o di artigianato degli isolani. Il tutto illustrato da una guida che pesa 210 km raggiunti con gran fatica dai 340 di un anno prima. Qui come dicevo l’ obesità ha caratteristiche davvero particolari.
Lasciamo Pago Pago e facciamo rotta verso la nuova Zelanda attraversando un lungo tratto di mare molto inquieto, in mezzo a tramonti da favola.

Tramonto Pacifico