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Quando il blu dell’Oceano tocca i colori più diversi
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Bluoceano Appunti di viaggio
Bluoceano | Caffè Tommaseo
Nel “Bluoceano” di Marina Torossi appunti di viaggio in cinque
Sydney | Bluoceano – Appunti di viaggio
Se uno in Europa, vedendo vecchio e nuovo mondo che lottano, il welfare al collasso, la mostruosa proporzione tra attivi e inattivi può pensare che in qualche modo al passato si possa ritornare – invertendo la marcia o dopo un’esplosione – in paesi che sono più avanti di noi quanto a tenore di vita e globale benessere come l’Australia si vede con chiarezza che il post capitalismo ha vinto alla grande. Dovunque dominano i grandi marchi di moda, l’acquistare come occupazione, scopo di vita, passatempo dominante. Povero Fromm, altro che essere! Il dilemma degli anni 60 tra essere e avere si è concluso con una vittoria incontrastata del secondo (e si sono confuse e alterate le proporzioni). Eppure non si sta male in questi paesi, anzi, i parchi e i giardini urbani sono curati splendidamente, la gente ha a cuore il proprio benessere, si vedono grattacieli che spuntano come funghi, anche perché a Sydney lo spazio è circoscritto dal mare e da parchi e zone montuose, quindi ci si deve sviluppare in altezza, ma non mancano ampi sobborghi di quartieri residenziali molto vivibili e dai prezzi stratosferici, mentre nella city si sostituiscono i manufatti vecchi anche di soli 25 anni con nuovi e più avveniristici, a stento sono riusciti a resistere alcuni quartieri o edifici storici che qualcuno aveva intenzione di abbattere per far posto a nuove costruzioni. Il capitalismo macina utili immensi e ormai si è affermato incontrastato.
Passeggiando per Sydney si vedono nelle vie centrali imperversare i grandi marchi ma sono onnipresenti anche quelli a basso costo che producono utili ancora maggiori. “Darei fuoco a tutta questa roba” commenta mio marito. “Non so chi possa essere interessato a passare la vita a compere vestiti e oggetti inutili. La fiera dell’inutile”. Lui per un viaggio di 4 mesi si porta dietro tre maglie e tre camicie. Io magari qualcosina di più e non snobberei del tutto qualche moderata deviazione in questi immensi store. Ma non amo certo questo concentrato esponenziale per consumatori compulsivi.
I più assidui mi sembrano gli asiatici che entrano ed escono dai negozi armati delle loro mascherine. “Lavorano come pazzi per poter avere tutto questo”, aggiunge mio marito. Belle case, vestiti firmati, auto di grossa cilindrata. In effetti tutti lavorano, la disoccupazione è irrilevante e avere più lavori è abbastanza consueto. Dall’Asia scendono nuove leve, spesso nella forma di studenti che frequentano le università locali molto costose per poter poi inserirsi nel mondo australiano, ma anche manovalanza destinata all’edilizia, settore che conosce in questo periodo un vero e proprio boom. Si costruisce di tutto, non solo stupendi grattacieli ma anche bellissimi e silenziosi tram che scivolano sulle loro rotaie sistemate su un cuscino di gomma che fanno sì che il tram ti possa travolgere meravigliosamente e tu passi a miglior vita senza accorgerti nemmeno. “Com’è più bello un paesino toscano a misura d’uomo!” continua a dire mio marito. Ma qui si vive bene e tanti scelgono di raggiungere questa terra lontana per fare fortuna.
Aqaba | Bluoceano – Appunti di viaggio
Arriviamo ad Aqaba. Il porto giordano ci accoglie col suo alto minareto e il canto del muezzin che chiama alla preghiera i fedeli. La giornata sarà per noi lunga e faticosa. Siamo stati già a Petra due anni fa, ma sarebbe un vero peccato restarcene in uno stabilimento balneare quando ci sono ancora mille sorprese tra quelle rocce rosa in mezzo alle gole e così nonostante gli Usa abbiano avuto la bella pensata di sganciare più di un centinaio di bombe sul suolo siriano dalle loro basi sul mar Rosso proprio la notte precedente al nostro arrivo decidiamo di avviarci verso Petra.
La guida giordana che ci accompagna esordisce dicendo: “Noi siamo tutti siriani”, e poi dimostrando una cultura notevole, snocciola tutte le colpe riconducibili all’Occidente in senso lato dal tempo di Esaù e dell’impero romano. “Madonna, qui non arriviamo a Petra – penso – questo mi sembra proprio arrabbiato, in una di queste gole ci prende e ci sgozza”.
Saliamo per strade tortuose che conducono tra deserti e montagne a Wadi Musa da dove si accede al sito di Petra. Intorno deserto sassoso e qua e là detriti a bordo strada. “Il deserto è bellissimo” dice la nostra guida “Se ti inoltri e ti lasci catturare dal suo fascino lo capisci davvero”. Qua e là si vedono campi di nomadi beduini con pecore e cammelli. “Dovreste trascorrere una notte in una tenda” continua.
“Mi sarebbe sempre piaciuto”, dico io “ma non ho mai avuto l’occasione di farlo e poi temevo le scomodità”. “Scomodità? Ma no! Sono tende a 4 stelle” dice la guida, “tende da mille e una notte”.
“Mi piacerebbe, forse una volta lo farò” dico io.
“Sono stato in Europa e anche in Italia” continua la guida, che parla benissimo l’italiano, “ma ho capito una cosa, noi non abbiamo bisogno dell’Europa, qui c’è la bellezza”.
È vero. Il deserto ha un grande fascino, specie la notte. Credo che un cielo stellato faccia diventare più saggi delle nostre luci al neon.
“La Siria è diventata il campo di calcio tra russi e americani (e francesi e inglesi non stanno a guardare) per giocarsi la ricostruzione” continua la nostra guida. “Ma intanto la gente muore”.
Ha ragione, è indegno quello che si sta compiendo.
Arriviamo a Petra, la meravigliosa città rosa dei Nabatei, rimasta per tanto tempo nascosta all’umanità. Percorriamo lo stretto canalone, poi si apre la meraviglia del tesoro e la vallata che conduce alle tombe, al teatro e al colonnato.
La giornata è calda più di due anni fa, ma scopriamo alcune rocce che ci erano sfuggite e qualche particolare inedito qua e là in una meraviglia di colori.
La cucina giordana, piccantissima, è nell’insieme gradevole.
Il ritorno è meditabondo e sonnacchioso, ma alla fine riesco a far uscire il nostro accompagnatore dal suo silenzio. Vedo che è saggio e molto critico verso di noi, ma non è cattivo.
“Chi può essere malvagio quando guarda il cielo stellato?” dice. “È l’unica cosa che conta”. Concordo e ricordo i cieli stellati in montagna che per me sono sempre stati i panorami più belli. Sorride.
Penso che il viaggio ci ha regalato molte emozioni. Anche questa giornata è preziosa.
Nuova Caledonia | Bluoceano – Appunti di viaggio
All’alba avvistiamo la Nuova Caledonia, un’isola vasta che costeggiamo per parecchio tempo a distanza ravvicinata. Si può distinguere il paesaggio nei minimi particolari. La vegetazione è gradevole e colpisce l’assenza o quasi di infrastrutture sulla costa nord dell’isola. Ci sono soltanto alcuni piccoli insediamenti e grandi pale eoliche. Il territorio offrirebbe amplissimi margini di sviluppo.
“Eh sì – ci dice una giovane friulana che da qualche anno si è trasferita a Noumea. Potrebbe essere un vero paradiso. Le potenzialità sono infinite, ma la popolazione locale è abbastanza indolente e non prende molte iniziative. La natura è più che generosa. Bellissime isole nelle vicinanze da raggiungere con la barca per una scampagnata festiva, una laguna dalle dimensioni enormi con una biodiversità unica, la possibilità di praticare un’infinità di sport all’aria aperta tutto l’anno, un clima da favola, alberi che offrono ottima frutta, un mare pescosissimo”.
“Che meraviglia – dico – ma qualche difettuccio questo paradiso ce l’avrà pure?”
“No no – insiste la ragazza che, dopo aver vissuto per cinque anni in Francia, stufa della nostra Europa fossilizzata e stantia, ha deciso di trasferirsi qui con il marito. – Solo i prezzi degli appartamenti e in genere della vita sono abbastanza alti. Essendo dipendente dalla Francia, ha vantaggi e svantaggi. C’è il monopolio sui traffici, però ci sono anche aiuti e supporti. Gli abitanti premono per l’indipendenza e a fine anno si voterà. Staremo a vedere”.
“E le zanzare?” chiedo io sempre molto preoccupata del problema.
“Purtroppo sì, ce ne sono parecchie e in questo momento c’è un’epidemia di dengue, malattia che, se non è preoccupante come la malaria, non è neppure una passeggiata”.
Peccato, penso tra me, perché un mezzo pensierino l’avrei anche fatto.
Mentre passeggio per Noumea, che è una città di 250.000 abitanti con belle case e un discreto tenore di vita, penso che tanti dei luoghi comuni che diamo per scontati andrebbero messi in discussione. Ad esempio l’idea che il mondo sia sovrappopolato. In realtà sovrappopolati sono solo l’Europa e ampie zone dell’Asia, mentre vi sono nell’emisfero australe vastissime zone poco abitate. Certo sono un po’ fuori mano, qui ad esempio siamo a una trentina di ore di volo dall’Italia. Ma che cos’è la nostra piccola Europa nella vastità del mondo?
Patagonia | Bluoceano – Appunti di viaggio
Da Port Madryn scendiamo lungo la costa in direzione di Cape Horn. Man mano che procediamo il clima si raffredda, l’oceano diventa più inquieto e già prima dell’imbocco dello stretto di Drake la nave comincia a rollare in tutte le possibili direzioni.
Siamo nel mare più arrabbiato del mondo, ci dicono dal ponte di comando, nel braccio di mare dove si scontrano le acque dell’oceano Atlantico e quelle del Pacifico. Man mano che ci avviciniamo al capo, a causa della differenza di fondale, che passa bruscamente da 4000 a 100 metri, si formano onde anomale. Soffiano forti venti che raggiungono i 120 km all’ora, mentre l’acqua ha una temperatura prossima allo zero e vediamo galleggiare iceberg alla deriva.
Gli iceberg per fortuna sono piccolini, ma la navigazione intorno al capo, che circumnavighiamo per sport, perché la nostra direzione è il canale di Beagle e il porto di Ushuaia, non si rivela facile. Anche dopo aver superato lo scoglio a mezzaluna, che segna la separazione tra i due oceani, le acque rimangono piuttosto inquiete. Non è facile addormentarsi.
“Durante il tragitto, prima di toccare Ushuaia, dovemmo ancorare addirittura tre volte perché forti uragani di terra ci assalirono in modo brusco e repentino, senza darci tregua” – sono ancora parole tratte da Orizzonte mobile. – “Poi, quando tutto è calmo e cielo e mare non sono turbati da alcun soffio né fremito visibile, un mormorio sordo scende dalle cime dei monti, rotola lungo i fianchi come una valanga rovinosa, e un sibilo stridente si insinua tra le antenne, inclinando la nave tutta da un lato. Ma dopo qualche istante ogni cosa rientra in una calma perfetta”.
Alternanze insospettabili di elementi, scatenati in una realtà quasi irreale, di cui facciamo, almeno tangenzialmente, esperienza. La Patagonia è davvero una terra estrema, dove gli elementi naturali sono sempre tesi a dare all’uomo una lezione della loro potenza.
Sbarcati a Ushuaia troviamo a sorpresa una ridente cittadina che sembra un paesino di montagna. Ci sono sullo sfondo ghiacciai e lo stile delle case è decisamente nordico. Salvo l’odore di mare e gli uccelli marini sembra di essere in una valle alpina. Abbiamo questa sensazione anche quando saliamo sul treno chiamato “della fine del mondo” e ci inoltriamo nel parco della Terra del fuoco. Ci sono margherite, tarassachi e un mix di fiori che ricordano le nostre vallate alpine. Il treno è il modello di quello che trasportava i carcerati a raccogliere legna. Lo zelo dei detenuti ha reso questa zona una sorta di foresta fantasma. Rimangono solo i moncherini fossilizzati degli alberi abbattuti.
Visitiamo il museo sugli antichi abitanti del luogo che ci racconta la loro sventurata colonizzazione. “Nel 1831 Robert Fitzroy venne in contatto con gli indigeni Yagan. Non erano cannibali ma nemmeno dei santi. Tenevano i fuochi accesi anche nelle canoe e come gli Alakaluf vivevano di pesca, mentre gli Ona cacciavano il guanaco con delle fionde ricavate da un ossicino a forcella di balena. Per questioni di donne o di clan si massacravano spesso tra loro. Avevano una lingua complessa e poetica”.
La gente che vediamo nelle strade di Ushuaia è un mix tra argentini, attirati negli ultimi anni da incentivi, e abitanti autoctoni che si riconoscono per la rotondità della faccia e il colorito olivastro. Paradossalmente l’inquinamento è notevole. Come in tutta l’Argentina la scarsa qualità della benzina e del diesel rende irrespirabile l’aria.
Usciti dal porto di Ushuaia dopo una breve navigazione imbocchiamo il canale di Beagle che ci consente di ammirare da vicino i ghiacciai, enormi lingue che scendono fino al mare e immani cascate di ghiaccio. Sfilano davanti a noi il ghiacciaio Olanda, Italia, Francia, Germania e Romance che possiamo ammirare con la luce splendida di un tramonto inoltrato che li illumina. Uno spettacolo dalla bellezza davvero incredibile. Navighiamo poi nel canale di Ballenero, nel fiordo O Brien e infine nel canale Cockburn e nel canale Magdalena.
I fiordi cileni sono molto belli e li percorriamo per diversi giorni ammirando i ghiacciai che si protendono nell’acqua mentre piccoli iceberg si staccano e vagano nel mare. La nave volteggia, si avvicina ai ghiacciai per consentirci di godere quel panorama superbo. La montagna e il mare si uniscono. Dai ponti il panorama a 360 gradi fa venire i brividi. Tutti sono col naso in su e anche l’equipaggio scappa in fretta dal lavoro in maniche corte per scattare qualche selfie con ghiacciaio da spedire agli amici.