Il cielo sulla Provenza, prefazione di Elvio Guagnini

Perché Il cielo sulla Provenza? Perché questo titolo? Perché la limpidezza, la dolcezza e il chiarore di quel cielo, “pieno di profumi, attraversato da una brezza sempre tesa”, così come la bellezza della natura di questo Paese sembrano costituire – per alcuni personaggi centrali di questa storia – non solo un legame indissolubile con la propria terra ma anche una sorta di punto di riferimento per guardarsi dentro, per analizzarsi, per cogliere il senso delle proprie inquietudini, per arrivare a interpretare le proprie contraddizioni e, magari, accettarle con una consapevolezza maggiore.

Il cielo sulla Provenza è un romanzo dove si intrecciano più e diverse vicende, di persone singole e di coppie, di coppie in crisi e di coppie felici, di persone che hanno trovato un loro equilibrio magari rinunciando ad aspirazioni più ricche di tensione ideale , e di altre che sono ancora (qualcuno, perennemente) alla ricerca di sé, incerte sulla via da prendere, combattute tra il bisogno di sicurezza e il desiderio di fare delle scelte anche drastiche pur di realizzare la propria natura.

Forse, il tratto di maggior interesse del romanzo (oltre all’abilità dell’autrice di condurre il gioco degli intrecci e degli sviluppi di personaggi e di coppie) è proprio in questa capacità di ricerca dentro i rapporti interpersonali e nelle coscienze e negli atti dei singoli per coglierne le dinamiche esistenziali passate e presenti, per delineare sfumature di comportamenti gesti progetti conflittualità rivoluzioni scontri complicità separazioni e riavvicinamenti.

Certo, il romanzo sembra avere anche altre ambizioni, pure di natura metaletteraria e di carattere ideologico, con l’avvio di discussioni – tra i personaggi (qualcuno dei quali impegnato anche nella carriera di scrittore, non di successo)- nelle quali ricorrono richiami a una tradizione letteraria più o meno recente da Virginia Woolf a Marguerite Duras, da Julio Cortázar ed Andrea De Carlo, da Eliot al diario di Briget Jones, da Garcia Márquez a Kerouac.
Si tratta di discussioni che spesso si allargano a temi di portata più vasta, e che riguardano non solo la scrittura (si vedano anche le conclusioni, dove si ripropone il problema del rapporto tra letteratura e realtà, tra invenzione e possibilità –o meno- di dire cose nuove) ma anche questioni generali della vita (riflessioni – per esempio – sul denaro, sul successo, sul piacere, sul dolore, molti pensieri in tema di amore, di matrimonio, di amicizia) e pure su argomenti di attualità politica (per esempio, sull’Europa, sull’immigrazione, sul rapporto tra Occidente e mondo islamico, sulle sofisticazioni alimentari, su Milosevic, sui Curdi, sulla guerra in Iraq, sulla psicanalisi).Insomma, un romanzo che si muove in direzioni e con ambizioni diverse, animato anche – in qualche suo tratto – da aspetti che richiamano al thriller e alla mistery story per la presenza di minacce di un serial killer e per gli effetti di momenti di suspense che accompagnano lo sviluppo del racconto.Un racconto che ,sotto il profilo tecnico, si muove in maniera articolata per l’effetto non solo dell’intrecciarsi di più storie ma anche per l’avvicendarsi di modalità e registri diversi che sottolineano lo sviluppo della vicenda e animano la comunicazione con il lettore: disegni di psicologie e di caratteri diversi; analisi minute di lati contraddittori dei personaggi; fili saggistici che affiorano spesso nel percorso romanzesco; momenti di ironia che fanno capolino in una narrazione che presenta molti lati di tensione; qualche slargo aforistico (per esempio: “La scrittura è l’ignoto. Prima di scrivere non sai ciò che scriverai. Se si sapesse quello che si scriverà, non si scriverebbe più. Sarebbe inutile”) che interrompe l’itinerario narrativo; luci di ironia che avvolgono parole e comportamenti. E, poi, oltre al racconto di eventi e a una considerevole ricchezza di descrizioni, molti dialoghi, testi di e-mail, inserti di opere scritte da qualche personaggio, serrate comunicazioni elettroniche di vario genere.

Una rete di possibilità comunicative che sembra accorciare le distanze, rendere possibili approcci anche tra persone lontane, incentivare il dialogo e produrre effetti diversi (dalla paura alla felicità). E che, tuttavia, non permette di superare meccanicamente i tempi di maturazione di un processo o di snellire le fasi di metabolizzazione dei problemi nella coscienza.

Problemi complessi e difficili, come sono quelli che nascono dalla contrapposizione di due atteggiamenti diversi rispetto a situazioni di crisi sentimentale ed esistenziale : da un lato, l’ apocalittico rifiuto dei riti e dei miti della famiglia (e dei legami matrimoniali); da un altro lato, un atteggiamento di prudente conservazione dell’esistente per effetto dell’educazione, o per rispetto delle convenienze o per la presenza di una storia di famiglia già avviata. Un atteggiamento ,questo secondo, che magari fa prendere decisioni di compromesso. Con acutezza e con ironia, lo sguardo della scrittrice segue analiticamente i percorsi e le aporie di queste scelte.

Pertanto, Il cielo sulla Provenza, opera ricca anche di notazioni di costume (relative, per esempio, ai rapporti tra le generazioni al giorno d’oggi), appare – oltreché come un romanzo dai ritmi diversi ma serrati – come un piccolo repertorio della fenomenologia dei rapporti affettivi e amorosi a più livelli e in situazioni diverse. Con lampi di ironia, si diceva, ma anche con uno sguardo non moralistico puntato sulle contraddizioni dei personaggi. E pure con un’attenzione particolare al rapporto tra racconto, immaginazione, realtà possibile o ipotetica, e ai punti di vista diversi dai quali può essere rappresentata una stessa situazione.

Elvio Guagnini