Siamo buoni. Ci odiamo tutti.

Credo che in nessuna civiltà si sia stati così sensibili alle discriminazioni di ogni tipo come nell’Occidente del dopoguerra. Dopo gli orrori di una scelta, quella tedesca, di eliminare dalla società gli elementi che potevano indebolire la razza, dagli ebrei agli zingari agli omosessuali, la società occidentale fu bene attenta a ricostruire la sua identità sulla proclamazione ad abundantiam della assoluta uguaglianza di tutti gli uomini. Mai nessuna civiltà del passato, men che meno la civiltà greco latina di cui ci vantiamo discendenti, l’aveva fatto. Per il mondo classico c’erano gli uomini liberi e gli schiavi, c’erano i greci e i barbari. Tutti uguali? Col fischio. Anche il mondo mussulmano è fondamentalmente incentrato su una visione che distingue fedeli e infedeli, e, tra i fedeli, quelli del proprio clan e della propria confessione e gli altri. Il concetto del “siamo tutti uguali” dunque è un concetto che appartiene soltanto al mondo occidentale nell’ultimo periodo della sua storia. Eppure, al di là delle belle parole e della retorica che hanno tanto infiocchettato questi decenni, corre sotterraneamente un torrente che a molti non è visibile ma agli occhi più attenti non sfugge già da tempo, ed è un profondo odio strisciante intergenerazionale.
La felicità, che ho potuto vedere presente in condizioni di vita assai misere, nel ancor ricco e nell’insieme benestante Occidente è assente da tempo. Perché manchi è evidente. La felicità è in rapporto alla realizzazione delle aspirazioni che abbiamo concepito nella nostra giovinezza. Se abbiamo visto un mondo misero e da quello ne siamo emersi, evidentemente anche una condizione media ci sembrerà meravigliosa, mentre se siamo cresciuti con aspettative che poi non si sono realizzate saremo condannati all’infelicità.
Questo spiega facilmente la sotteranea rabbia che pervade molte generazioni. Il singolo talvolta non essendo in grado di leggere le dinamiche sociali, si dibatte come un animale in trappola e non sa come uscirne. Da tempo dunque si vedeva scricchiolare la società e pensavo da che in un modo o in altro sarebbe esplosa, ma non avrei mai immaginato che un piccolo virus arrivato dalla Cina la facesse deflagrare. Guardo i numeri e tiro qualche conclusione. I morti sono presenti in numero esponenziale nel mondo occidentale, laddove in altre società le cifre sono molto minori. La Svezia ha fatto la scelta deliberata di non porre limitazioni e chiusure così da eliminare gli over sessantacinque, che non vengono per scelta curati. Ma anche in Italia, sebbene non lo si sia detto in modo così esplicito, la politica di scelta e di discriminazione in base all’età è stata fatta. Curioso che nessuno dei tantissimi che si riempiono la bocca della loro condanna nei confronti di tutti gli abusi l’abbia denunciato.
Ma c’è di più forse. A gran parte della società tutto questo va sotterraneamente bene. Una certa pulizia nei gradi più anziani della società è auspicata da molti, sia perché alla lunga il sistema previdenziale non è sostenibile, sia perché in una società in decrescita ogni generazione si ritiene defraudata da chi la precede di una parte dei sogni. Quindi, tenendo conto che il virus circolando nel 90 per cento dei casi non dà problemi seri e per il 10 per cento colpisce mortalmente persone con patologie o over sessantacinque, ben venga, è stato il pensiero conscio o inconscio di molti. E così l’Occidente, dopo aver gridato con tutti i suoi polmoni contro i mali del globo terracqueo, non alza neppure la voce dinanzi a un’eclatante discriminazione generzionale.
Questo non avviene presso altri popoli. Nel mondo mussulmano ci sono certamente discriminazioni nei confronti delle donne e il potere è gestito in forma verticistica, ogni maschio ha più mogli e numerosi figli, ma il rispetto che ciascuno porta a quella sorta di pater familias è notevole. Nel nostro mondo il maschio adulto ha una donna, spesso solo un figlio, non è circondato da particolare rispetto, non commette particolari abusi, salvo ogni tanto far fuori qualche compagna o moglie, ma è considerato un pezzo di merda. L’aggressività è una componente naturale dell’essere umano,(come altrimenti nelle guerre si potrebbero scatenere le atrocità che la storia ci regala?), ma il negarla come ha fatto l’Occidente in questi anni produce mostri. Imbrigliare e regolare attraverso un controllo sociale e morale è molto meglio che negare. Ed ecco che questa aggressività negata rispunta fuori alla grande in un momento di crisi, dove il vero volto degli uomini si manifesta. Mi meraviglio come neppure i diretti interessati riescano a riconoscere e gridare forte contro questa discriminazione nuova e insolita nella storia umana.
Ma Zeus acceca sempre gli occhi degli uomini perché si compia il loro destino.

(m.t.t.)