Lettera da Aquileia (2)

roma panorama

Ormai è troppo tardi. Per molti secoli abbiamo sottovalutato il fenomeno, abbiamo pensato che l’impero fosse troppo forte perché la presenza anche massiccia di altri popoli lo facesse crollare. Così ora combattiamo in una situazione di svantaggio. Il secolo scorso gli imperatori hanno sperperato molte sostanze lottando l’uno contro l’altro per il potere. Poi hanno cominciato a tagliare fondi sulla difesa per cercare di far quadrare il bilancio, senza peraltro riuscirci, – la macchina dello stato fa acqua da tutte le parti.
Tutti pensano solo ai loro interessi, vogliono conservare le loro prerogative, le loro garanzie, non vogliono rinunciare a nulla. Stoltamente i soldati vogliono che i loro figli abbiano la possibilità di ereditare il loro posto sicuro, e così anziché soldati motivati e forti abbiamo nell’esercito figli di papà abituati a passare le notti in allegra baldoria, che non conoscono la durezza di una marcia, non sanno sopportare i rigori del freddo e crollano sotto le armature pesanti, indispensabili da quando i Parti le hanno inventate.
Se nel secondo secolo le truppe romane avevano vinto eserciti barbarici numerosissimi e apparentemente superiori di forze, da tempo ormai riceviamo sempre più spesso notizie di sconfitte e ripiegamenti che ci fanno poco onore.
I soldati vogliono solo a riportare a casa la pelle e, se in cuor mio spero che così faccia anche mio figlio, so anche che, soltanto se animati da una forte motivazione, si riesce a vincere il nemico.
Ai tempi di Tiberio, quando Roma era una metropoli di più di un milione di abitanti, nessuno pensava che i primi scricchiolii già si sentivano, la corruzione serpeggiava, – ne fu un esempio la citta di Pompei, da poco distrutta per la prima volta da una terribile eruzione, e poi ricostruita nella stessa zona, perché fertile, certo, ma anche per le speculazioni edilizie che consentirono rapidi guadagni.
Così non si evitò la zona più rischiosa e si arrivò alla distruzione del 79, una vera catastrofe. La natura è forte e terribile, come ci ha testimoniato Plinio, che volle andare di persona con la flotta a capo Miseno a studiare il fenomeno, e purtroppo ci rimise la vita.
Come ti dicevo, caro Marco, già allora la corruzione serpeggiava a Roma e nelle province, e ancora peggio andò nei secoli successivi, tranne qualche breve periodo fortunato.
Intanto la presenza dei barbari divenne sempre più massiccia. Se nei primi tempi si trattava solo di scorrerie all’interno dei confini da parte di Sassoni, Burgundi, Marcomanni si passò poi a una minaccia ben più forte e massiccia. Un po’ alla volta, quei popoli assimilarono i nostri costumi, si organizzarono meglio, conservarono la loro giovane forza, mescolata però con le conquiste di pensiero e di civiltà che erano solo nostre e avevano costituito un tempo la nostra potenza, la nostra garanzia. Divennero così sempre più temibili, sempre più pericolosi.

 m.t.t (continua)