In quarant’anni il nostro impatto negativo sulla biosfera è triplicato, e non smette di crescere. Sembra impossibile. In fondo, non mangiamo il triplo, non viviamo il triplo, non abbiamo che parzialmente migliorato la qualità della nostra vita e in certi settori si vive per certi aspetti peggio. E allora? Come mai?Una grande responsabilità di ciò lo ha l’Usa e Getta e, come scrive Rumiz, “l’obsolescenza programmata dei beni. Una follia. Il trenta per cento della carne dei supermercati va direttamente nella spazzatura… Un’auto è vecchia dopo tre anni, un computer peggio ancora… E se non li cambi sei “out”… Viviamo di acque minerali che vengono da lontanissimo, in mezzo a sprechi energetici demenziali, con l’Andalusia che mangia pomodori olandesi e l’Olanda che mangia pomodori andalusi…”
Perché dirottano i nostri pensieri su altri problemi mentre i problemi che sono veramente importanti non sono mai risolti?
Quando uso un bicchiere di plastica (e a rigor di logica non dovrei farlo) penso che sono ricattata dalla comodità di avere un oggetto che, a costo irrisorio, mi consente di non lavare un bicchiere. Ma è indubbio che quel bicchiere di plastica ha avuto un’origine, è stato prodotto con dispendio di energie e consumo dispersivo di materie prime e ha bisogno di smaltimento, è ovvio.
Mentre l’umanità impazzisce dietro al problema dello smaltimento dei rifiuti, si trascura quello che il singolo potrebbe fare per ridurre il problema. Nella fattispecie il semplice lavoro di lavare una tazzina o un bicchiere alleggerirebbe un problema epocale.
Perché non lo facciamo? Semplice. Perché economicamente non è conveniente. Qualsiasi lavoratore (dall’operatore sanitario alla donna delle pulizie ci costa più soldi per qualche minuto di lavoro rispetto all’acquisto di un centinaio di bicchieri di plastica. Quindi la società opta per la plastica). È evidente che se si lascia che la scelta sia solo economica tutto verrà risolto in questo modo, con danni incalcolabili per l’intera collettività.
La società forse dovrebbe intervenire e mettere dei balzelli sulla plastica, dei dazi, delle penalizzazioni (lo so, sto facendo un discorso molto reazionario) maggiori di quelli che vengono messi sul tabacco, perché se fumare fa male all’individuo (ma è una scelta dell’individuo che coinvolge relativamente gli altri), è certo che l’uso massiccio di borse bottiglie bicchieri e quant’altro porta un danno alla società molto maggiore. Quindi perché non penalizzarlo a dovere? (oppure diminuire il costo dell’ora lavorata? – mmm…sto facendo un discorso ancora più reazionario?)
Il mercato è libero… l’economia ha in sé le sue leggi… D’accordo, andiamo avanti così. Continuiamo a non fare nulla per l’unica cosa che conta, la qualità della vita…
Ma forse no, le regole dell’economia che massicciamente verranno messe in forse nei prossimi anni dalla presenza di altre popolazioni sul nostro territorio che offriranno il loro lavoro a prezzi molto calmierati ci porteranno un po’ di saggezza. Ridiscuteremo il concetto di spreco di tempo e di lavoro. Sarà un bene? Certo sarà una grande rivoluzione.
m.t.t.