Allegretto andante for a trio (2)

Monica stands up and starts to lay cushions out on the floor. She takes off her shoes, commenting: – I couldn’t resist them when I saw them in the shop window, but they are incredibly uncomfortable. She lies on the floor. Francesca sits down next to her and leans on the back of an armchair. Giulio lies down in the middle. Francesca starts caressing his neck and shoulders.
– That’s bliss, chirrups Giulio. I really needed this massage.
Francesca continues, kissing his earlobe, then moves up along his neck, while her hands make their way down his back. Meanwhile, Giulio recites: – Yesterday we were sitting, eating and glancing amorously at each other while the waiter circled around us, eager, oh, so very eager! He reeled us in with new dishes, with an overabundance of useless tumblers and wine glasses, until the deafening music persuaded us to call it a day, and to find a way out into the street, towards what ought to have been the inevitable and obvious outcome of the evening.
– But that’s us last night, exclaims Francesca. You rascal. You stole the evening and turned it into words.
– It’s what I do best.
– Words. When life is actually happening, do nothing. Keep your distance. Then, when it dries up, when you can stuff it, when you can stick a pin through it like a butterfly and crush it against the wall, where you can keep it and look at it, then at last life is congenial to you.
Giulio gets up and starts pacing around the room, before exclaiming despondently towards the window: – It isn’t always easy, living.
Francesca also gets up and follows him, pushing him: – And being yourself.
Giulio: – And not getting hurt.
Francesca: – And daring to use your own words. And stopping performing from a blank script. An empty shell of an existence.
Giulio: – The only one I know how to wear.
Francesca: – The only one you want to wear.
They stare silently at each other for a moment, like two actors who, when they finish the lines on their script, have nothing more to add.
You must understand, dear reader, that disquisitions of this kind were not infrequent between them. And they rarely got anywhere. Francesca always ended up feeling disappointed. She felt that Giulio was running away from any real dialogue. And she was right. Giulio didn’t like those conversations. And indeed, even now he is provocatively taking refuge close to Monica and, while Francesca continues to wonder why they can’t communicate, he laughingly tells his friend: – Rarely have I enjoyed such a splendid view! I love plunging necklines. And what lies beneath them, too. Huge breasts that you can lose yourself in. Like a child suckling milk.
Francesca comes closer. She lies on the cushions and starts stroking Giulio’s hair. Bewildered, she looks at him and comments: – But didn’t you say you liked my small, firm breasts, and you liked high-necked blouses you could undo button by button? So you were lying?
– I have never told lies. I like both. Is it my fault if all women are different? If there were only one kind, one would be enough for me. As it is, I’m in a predicament.
Francesca shakes her head and gets up, nonplussed:– When I am about to go away I’m always worried. Let me go and see what I’ve forgotten. You two don’t seem to need me here anyway.

Monica si alza e comincia ad ammassare a terra dei cuscini. Si toglie le scarpe commentando: – Non ho potuto resistere quando le ho viste in vetrina, ma sono di una scomodità incredibile. Si sdraia a terra. Francesca si siede anche lei vicino e si appoggia al dorso di una poltrona. Giulio si stende nel mezzo. Francesca comincia a carezzargli le spalle e il collo.
– Che godimento, cinguetta Giulio. Mi ci voleva proprio questo massaggio.
Francesca prosegue baciandogli il lobo di un orecchio, poi continua lungo la linea del collo mentre le mani scendono sul dorso. Giulio intanto declama: – Ce ne stavamo seduti ieri a mangiare e a lanciarci languidi sguardi mentre il cameriere ci girava intorno, zelante, oh quanto zelante! e ci avvinghiava con nuovi piatti, con coppe e bicchieri decisamente inutili e sovrabbondanti, finché la musica che ci stordiva ci indusse a dire basta e a cercare un’uscita che ci mettesse in strada, che ci avviasse a quello che doveva essere l’esito inevitabile e ovvio della serata.
– Ma è la nostra serata di ieri, esclama Francesca. Farabutto. Ti sei scippato la serata e ne hai fatto parole.
– Quello che so fare.
– Parole. Quando la vita è, niente. Prenderne le distanze. Poi, quando si dissecca, quando la puoi impagliare, quando la puoi configgere con uno spillo, come una farfalla, e spiaccicarla sul muro, e così conservarla e guardarla, allora sì, anche la vita ti va bene.
Giulio si alza e si mette a girare per la stanza, poi esclama sconsolato rivolto a una finestra: – Non è sempre facile vivere.
Francesca si alza anche lei e lo segue incalzando: – Ed essere se stessi.
Giulio: – E non farsi del male.
Francesca: – E rischiare di dire le proprie parole. E smettere di recitare un copione vuoto. Un vuoto guscio d’esistenza.
Giulio: – Il solo che io sappia indossare.
Francesca: – Il solo che tu voglia indossare.
Si guardano muti per un attimo come due attori che, finite le battute del copione, non abbiano più niente da aggiungere.
Devi sapere, caro lettore, che disquisizioni di questo tipo non erano infrequenti tra loro. E non approdavano quasi mai a nulla. Francesca rimaneva sempre delusa. Le sembrava che Giulio sfuggisse a qualsiasi confronto. Ed effettivamente era così. Giulio non gradiva quei discorsi. Anche adesso infatti si rifugia provocatoriamente vicino a Monica e, mentre Francesca continua a chiedersi perché non riescano a comunicare, lui ridendo sta dicendo all’amica: – Poche volte ho goduto di un panorama così bello! Adoro le scollature molto profonde. E anche quello che c’è sotto. Seni enormi, da perdercisi dentro. Come un bambino che succhia il latte.
Francesca si avvicina. Si sdraia sui cuscini e comincia ad accarezzare i capelli di Giulio. Lo guarda e commenta perplessa: – Ma non dicevi che ti piacevano i miei seni piccoli e sodi, che ti piacevano le camicette accollate da sbottonare piano piano? Allora raccontavi bugie?
– Non ho mai detto bugie. Mi piacciono queste e quelle. Che colpa ho io se tutte le donne sono diverse? Se ce ne fossero di un solo tipo me ne basterebbe una sola. Così invece sono nell’imbarazzo.
Francesca scuote il capo e si alza perplessa:– Quando devo partire sono sempre preoccupata. Vado a vedere cos’ho dimenticato. D’altronde sembra che non abbiate bisogno di me.
(continua)
m.t.t. Le parole blu (Campanotto 2010)