Tre poesie di Lucetta Frisa

cieloMaddalena
. Georges de la Tour.

Meditare davanti a oggetti chiusi
l’apertura del mondo:
uno specchio, un teschio, il mio corpo
in mezzo alla notte della stanza.
L’occhio e il teschio per incantamento
si fissavano immobili allo specchio
mentre cadevano i miei lunghi capelli.
E lentamente smemorando i nomi
le cose allusero ad altro
la notte simulò un buio più vasto.
L’aria accesa vibrando mutava
le certezze visibili in ombre
che tornavano in luce inconosciute
al buio ritornando, se ardevo il tempo
in trasparente polvere d’aria;
e fui uno sguardo solo nello spazio.

da Notte alta, Book,1997

Clessidra
a John Ashbery

Tutte le cose sono possibili nella lente dell’occhio
come nel corpo della clessidra dove scorrono attimi
finché l’occhio avrà una lente, la clessidra un vetro.
Nella luce si amplificano i contorni e l’aria si solleva
ricadono scorie gli oggetti spariscono
la luce esce dalla polvere.
Ai quattro angoli della stanza il giorno trasale gli specchi
e la mia immagine è vinta: appaio come sono
in un’unica rappresentazione, senza omettere nulla:
le parole divise si saldano
quelle troppo salde tornano saliva.
Nella casa illuminata occhio e clessidra si inclinano.
Le antiche possibilità ora sono fatti,
le indosso come un abito festivo e avanzo nell’ombra
della mia doppia esistenza, nuda e abbigliata,
la osservo senza lacrime e mi sveglio in uno strano giorno
dove nessuna polvere cade dietro nessuna lente –
prima di cambiare corpo nel buio.

da Notte alta, Book 1997

Vaso etrusco

Occhi degli animali paesi visti in dormiveglia
angoli di casa e di città il siciliano dei nonni le risate
affanni attese balconi sul mare
la paura il dolore lo spreco –
tutto mi è stato padre e madre che ho sepolto nell’osso
congedato anche il corpo
vaso etrusco fratturato che fuori luce è messo
insieme agli altri nella grande notte
dei musei bombardati dalle guerre.

Nessuna impresa è dipinta non ci furono
né imprese né pittore l’acqua sì
quella versata a caso
dalle nuvole forse
che si fece tempesta marea ricorrente
e avvertii perfino un dondolìo di culla
nelle carezze di un amore.
L’acqua mia madre era eterna
il sasso mio padre la frenava
un muro alto divenne
contro cui sbattere e invocare l’aperto.
Io lo ringrazio e solo ora
gli parlo a tu per tu
ora che iniziamo ad amarci nel nulla.
Sempre qualcuno fa qualcosa
di buono e cattivo per noi segnando
un destino o un’abitudine.

Ho guardato i vasi come corpi
sorvegliando aridità e gonfiore:
l’eccesso può spezzarli
se con violenza o lentezza non importa
ho assunto questo compito ereditato da mia madre:
la cura del vaso, acqua e pianta, perché
– lei diceva – non c’è vera gioia senza la misura.

Nessun vaso resiste l’acqua sì, anche versata.
Lei mi prendeva la mano
e mi diceva tòccala mi faceva toccare tutto
nominava le cose e le rendeva eterne
senti il profumo diceva ascolta questo suono
guarda questo colore guarda odora ascolta.
Mi insegnava l’effimero e il teatro degli uomini
il dramma che finiva in commedia
la disperazione in ironia.
Così è l’acqua che varia i riflessi
sembra ferma e continua a scorrere.
Le stesse cose continuai ad amarle
mentre il tempo ficcava il suo occhio nel mio
smascherando il racconto della narratrice.

da Se fossimo immortali, Joker,2006

Un pensiero su “Tre poesie di Lucetta Frisa

  1. leopoldo attolico

    I versi di Lucetta Frisa trasmettono appagamento , consapevolezza , “verità” chiamata per nome , sempre argomentata . Difficile non condividerla . Da qui ad amarla il passo è breve perché è il linguaggio a vincere . Il “suo” linguaggio .

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