Ho giù un aereo al cancello (poesie di Giorgio Maimone)

imago_ 4Ho giù un aereo al cancello che mi aspetta
Ho nuove rotte e un mazzo di carte
Se trovo spade o se trovo bastoni
So che non mi pensi e non parti con me.
Ho un traghetto alla porta che suona
La sirena canta un motivetto per me,
giro una carta e trovo fante di coppe,
forse mi pensi ed hai un biglietto per me.
Ho un cavallo in cortile che scalpita forte ,
come Tom Mix gli salto in groppa dal cielo,
ha ferri nuovi e una criniera strinata
e conosce le strade che portano a te.
Ho un aereo nel cielo che vola e che va,
costa denari come quadri Van Gogh,
io traccio rotte e inanello partenze,
ma sotto una quercia aspetto te che verrai .
Ho un’urgenza di moto stasera,
che sia una Harley o del rock & roll,
le ripartenze che effettuo nel vuoto
han solo effetto di smuovere l’aria.
Ho qui un tram che mi aspetta nell’atrio,
rotte normali, impertinenze di te.
Ho un filobus che fa fermata nel bagno,
ho un filo al cuore, che se lo snodi vien giù.
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Il mattino è un calice di vino
Che stinge nel latte e caffè,
è una brioches rubata ai fornai,
è il giornale che odora d’inchiostro
e il pane caldo che sa di focaccia.
Il mattino è un intrico rugginoso
Di membra che si strecciano a fatica
è quell’attimo di nuvole-capelli
che minacciano temporali nello specchio
di occhi che si velano di sonno
briciole dei sogni sul cuscino
e sopra il viso a colazione.
Il mattino è un piatto freddo
Che ci tocca divorare.

Il giorno butta fuori in sudore
Il liquido dell’amore che mi spetta.
Il sole asciuga svelto svelto,
perché sembri che tu non sia mai andata
perché sembri che in fondo non mi manchi.
Il tempo racconta sempre tante storie …
Il tempo sa praticare la menzogna …

Il pomeriggio è un vuoto intessuto di niente
È sentire canzoni suonate alla radio a galena
l’odor di minestra che sobbolle sul fuoco
i bambini che giocan, ma piano, per non disturbare
la controra e il calore e la siesta con grida sguaiate.
Il pomeriggio sei tu che ti spogli e ti stendi sul letto
È questo languore di averti e sentirne l’invano
È infine un divano di molle spaiate e disegni floreali
che accoglie il mio libro iniziato e la pigrizia d’estate.

Una crepa nel crepuscolo:
un crepaccio di colori,
un carpaccio di emozioni.
Io evaporo nel vento
Che anticipa la sera.
Lì si accendono le coste,
qui lampioni di lavoro.
Penso, sento e ti respiro.
Poi ti aspetto e arriverai.

La sera
La sera è un velluto.
Si posa su tutto senza stridori,
sui bicchieri da cocktail dell’hora feliz,
sugli avanzi di cibo, sui biglietti del cine,
Si deposita a volte persino sugli occhi.
Questa sera felice non ha spazi per piangere.

Notte
come scuro cespuglio odoroso di mirto.
Rovo che punge, che gratta, che scortica.
Che lascia i tuoi segni, che lascia le tracce.
Notte per sentirti di più.