Due poesie di Giorgio Maimone

barcaE dopo una meta c’è un’altra meta ancora
E dopo una svolta, un’altra svolta avviene
Di svolta in volta, di meta in meta nuova
si avanza in modo non sempre rettilineo.
Di volta in svolta, di passo in passo
Si avanza, avanziamo, in frigo residuiamo.
Una meta è come una boa, attorno a lei si gira,
si tocca la sponda, si riparte sul dorso.
Una meta è come un boa; ti stringe il cuore forte,
ti strizza, ti spreme, ti toglie l’aria attorno
Ma dopo la meta… se dopo c’è vuoto?
Che resta del dopo? Che resta alla meta?
La meta è una stazione, materiale ferroviario,
coi suoi binari morti, i treni merci e le illusioni
e “i treni di lusso, lontana destinazione”
e i ferrovieri in grigio e il buffet della stazione.
La meta è un vuoto a perdere,
ma prima era bottiglia
E di nettare gaudioso
bagnava le sue sponde.
La meta è il mezzo, il fine sta a metà.

barche controluce (3)

Tra Portogallo e Grecia
Il mio dito corre e va
A tracciare nuove rotte
Di improbabili partenze.
Tra Spagna e la Sardegna
Vola il mio amore, va
Lasciando sbuffi bianchi
appesi al cielo della vita.
Viaggiare per viaggiare
È vertigine leggera
Viaggiare per viaggiare
È sangue nelle vene.
Le nebbie a Finisterre
Materializzano i fantasmi,
vedo distinto il viso
di amori che non colsi.
Gli spruzzi di salsedine
Sulle mura a Saint Malò
Intarsiano l’’immagine
di un profilo da Gauguin.
Tra chiese bianche e mare
Dolmades, moussakà
Cercando ancora il volto
Di un amore senza nome.
Tra gli scranni dei barbieri
E i droghieri all’Alfamà
Le acciughe nel cartoccio
Fan l’effetto di Madaleines.
Viaggiare per viaggiare …
È vertigine leggera