I nostri antenati, gamberetti flambé e madame Le Pen

Camminare sul lungomare di Nizza è uno spettacolo di buona integrazione razziale, famiglie multietniche, ragazze bianche con figli di colore o il fidanzato dai capelli crespi e dagli occhi nerissimi, famiglie arabe con donne anziane a seguito, di solito di notevoli dimensioni, con bambini festanti e uomini che si raggruppano tra di loro. Facciamo la nostra solita passeggiata serale in zona mentre progettiamo la partenza per la prossima tappa, Narbonne.

Nice lungomareNarbonne

La Francia, come tutto il resto d’Europa, è prossima a votare, ad esprimere l’umore della sua popolazione nei confronti dell’Europa. Come voteranno i francesi? La Francia ha un passato di grande integrazione razziale, ricordo che già 40 anni fa i metrò di Parigi erano pieni di un’umanità multicolore che l’Italia non conosceva ancora. Come voterà la Francia? A Narbonne e nel Sud Ovest che visitiamo nei giorni seguenti, Bordeaux in testa, si osserva un’integrazione forse meno tranquilla e routinaria, comunque intere zona della città sono in qualche modo colonizzate da extracomunitari, si sono organizzati bene, mi sembra, con una filiera che abbassa clamorosamente i prezzi, mi colpisce il prezzo della frutta che è molto contenuto, due meloni vengono venduti a un euro, ad esempio. Intorno lo squallore è abbastanza marcato e, a parte noi finiti per pura combinazione in quella zona, non si vedono molti turisti e nemmeno abitanti di Bordeaux di razza bianca. In città c’è un certo malessere e lo si può cogliere in alcune conversazioni di ragazze che parlano di lavoro che manca, di problemi finanziari, di delusione. Somigliano alle nostre trentenni ma sono più arrabbiate, più disperate in qualche caso.

Bordeaux pl. BorseBordeaux clock

Ad Archacon tutto si stempera tra turisti che mangiano ostriche e bistrò affollati anche se la stagione vera e propria non è ancora iniziata. Il cielo ci regala tramonti stupendi che non ci fanno rimpiangere di aver raggiunto anche stavolta l’Atlantico.

ArcachonDune di Pilat

Come voterà la Francia? ce lo chiediamo sulla strada del ritorno ad Avignone mentre vicino al Palais des Papes mangiamo il solito maigret de canard e ci sembra che nelle strade nei negozi un po’ dappertutto le cose non funzionino tanto bene.

Avignon – Palas des PapesAvignon – Rodano e ponte di Benazet

C’è più povertà più disfunzioni più malessere qui come d’altronde anche a Cap d’Agle dove siamo appena stati o a Sarlat, interessante tappa nella Dordogna, tra grotte preistoriche e bellissimi castelli, fiumi e boschi.
In quella splendida regione ricca di un fascino che piace molto agli inglesi ci sono le origini della nostra storia. Uomini di Neandhertal e di Cro Magnon per milioni di anni l’hanno percorsa scavando innumerevoli abitazioni trogloditiche che ancora vediamo disseminate lungo i fiumi e nelle vallate.
Perlustriamo Sarlat la Caneda visitando la cattedrale Saint Sacerdos e le stradine strette che portano alla Lanterne des morts, ci soffermiamo davanti alla Maison Grisson e alla rue de la république centro della “capitale delle oche” mentre dappertutto imperversa il fois gras.

Sarlat la CanedaSarlat oche

Nei dintorni abbondano i castelli come quello di Montfort, di Vitrac e di Domme con splendida vista sull’ansa del fiume.

Castello di MonfortDordogna da Domme

La sorpresa più bella è la Roque Gageac che lungo il fiume esibisce le sue suggestive abitazioni trogloditiche e il castello di Castelnaud e di Beynac-et-Cazienac.

La Roque Gageac sulla DordognaCastello di Beynac-et-ChazienacBeynac borgo interno

C’è anche nei pressi della celebre grotta di Lascaux ora chiusa al pubblico ma ricostruita fedelmente nelle vicinanze il museo preistorico di les Eyzies de Tayac con la testimonianza delle opere degli uomini preistorici, i nostri antenati e il loro lungo percorso per sgrezzare la natura e renderla fruibile.

Museo preistorico di les Eyzies de Tayacmuseo preistorico pietra

Sulla via del ritorno – siamo già ormai sul Mediterraneo – a Le Lavandou, nei pressi di Saint Tropez, mangiamo la solita cena francese su un tavolino francese di ridottissime dimensione come qui si usa e pieno zeppo di amenicoli vari. Gamberi flambée per me, costicine di agnello per il consorte, vino rosato dei vitigni bassi della zona. Intanto parliamo. C’è più disordine in giro, un disordine che rimanda in qualche modo al disordine italiano senza che la Francia abbia peraltro molti dei nostri problemi. Come voterà la Francia?

Le Lavandau Saint Tropez

Perbacco, la Francia che abbiamo tante volte visitato e che ci è sempre sembrata una nazione, se non paragonabile per benessere e organizzazione alle nazioni del Nord Europa, perlomeno a metà strada con i suoi funzionanti Tgv, una buona autonomia energetica e un miglior tenore di vita, ci sembra diventata (sarà l’effetto Hollande?) uno stato quasi in crisi come il nostro.
Come voterà la Francia?
Qualche giorno più tardi leggiamo che, a sorpresa, mentre gli italiani temevano una virata verso un grillismo collettore di tutto il malcontento che quotidianamente monta, a sorpresa, dicevo, sono i francesi a esprimere per primi la rabbia e la paura, soprattutto la paura, che in tutta Europa si diffonde perché in realtà nessuno ha ancora capito come risolvere questa benedetta crisi e le parole che si inseguono sono sempre generiche e ripetitive e non portano a nulla, speranze, auspici, indicazioni ovvie di rotta, un tirare a campare, per non dire di peggio, dove la progettualità e la realizzazione di qualche piano efficiente sono ancora lontani. Si cambia tutto perché non cambi nulla in un atteggiamento Gattopardesco che fa venire i brividi. Ognuno si tiene stretti i suoi privilegi e si sentono solo rivendicazioni clientelari in un’assenza totale di progettualità. La paura come sempre è paura del diverso, è volontà, talvolta miope, di conservare quello che si possiede, di mantenere lo status quo. Ma quale condizione si mantiene nel tempo, specie in un mondo come il nostro in cui tutto si modifica a velocità stellare? Viviamo in uno dei momenti della storia umana in cui le trasformazioni penalizzano più del solito gli umani. Compici gli uomini stessi che non riconoscono l’ovvio e tendono a progettare con miopia. Complici i politici che, qualora anche vedano la giusta rotta, preferiscono non andare molto a fondo e non essere drastici per non perdere consensi. Complici i cittadini attaccati ai loro privilegi e dotati di scarsa apertura e lungimiranza.
E così gli abitanti delle belle case che negli anni Ottanta sono state costruite nei dintorni delle città di Lille o di Lione, gli abitanti non delle periferie scomode e ghettizzate ma dei suburbi con ville e piante e fiori, in blocco si sono ritrovati a votare la destra, una destra conservatrice e gretta come quella di Marine Le Pen, per difendere apparentemente l’identità contro la contaminazione, in realtà per cercar di mantenere i privilegi che sentono scricchiolare.
Mantenere la propria identità è cosa sacrosanta e spero che l’Europa lo faccia e che riconosca a ciascuna nazione il suo passato e la sua storia, ma all’interno di un organismo più complesso che si impegni ad avere un rilievo anche politico significativo. Però non credo che il voto dato alla destra della Le Pen vada in questa direzione. È solo un grido di paura, una manifestazione irrazionale di una borghesia che sente mordere la crisi e teme di non mantenere nel futuro le garanzie che ha avuto e che ovviamente, Le Pen o non Le Pen, è destinata a perdere.

Tramonto Arcachon

Maggio 2014

L’articolo completo è pubblicato nel libro “Rotte d’Europa” Hammerle editore, 2015