Solitudine
In un limpido cristallo
Ti specchiavi sorridendo
Terra sola
Terra quieta
D’eterne notti
Terra della tua pena
L’amore
L’uomo goffo e selvaggio
È solo un’onda impazzita
Ma lei farfalla di vetro
Volteggia tra i coriandoli
Verde ramo libero
Verde ramo libero.
Nell’iride
L’onda del mare.
Mondo acquatico,
Tra alghe fluttuanti
E pesci trasparenti
Verde ramo libero.
Selvaggia, come un dio pagano
Come la dolce alunna
Di un lontano paradiso
Un orizzonte di nubi impossibili
Una breve brezza tra i rami
Malinconica
In questa civiltà di rinuncia
Le nostre mani erano vento
Tenere tremavano le erbe
Pregne dell’odore del cielo.
Nel fumo soffiavamo
Parole,
Confidenze nella conchiglia
Di una roccia
Ma le nostre mani
Erano vento
E l’ombra s’addensava negli occhi
Dopo aver sciolto queste verità
Mi umilia
L’indifferenza
Solo, nella notte,
Supino
Lasci che la pioggia lavi
Quell’immagine di me
Che non accetti
E allora, con rabbia,
Ho sbattuto la porta
Che volevo dischiudere
Per lasciarti spiare
Tra le pieghe dell’animo
L’assoluto
Mi ha perduto
Altre volte
Ma stanotte
Voglio danzare per te
E fremere
Dei tuoi occhi inebriati
E ridere nel vederti guarito
Dal timore di perdermi
Mentre io tra le dita
Ti sfuggirò
Sola
Come soffi di vento
Siamo andati
Come soffi di vento
Senza incontrarci
Sott’acqua ridono parole:
fango d’occasioni perdute
Chi ci ripresterà quei momenti?
Suona lontano l’eco del passato
Un’altra notte è fuggita
Senza voce
Furtivamente
Una nebbia bianca
Sale dalla strada
Come da un inferno lontano
Scivoliamo veloci
Nel buio
Eredi
Nell’oscurità
Velata di ragnatele
Luccicanti
Il mare canta
Il silenzio più dolce
Dell’universo
E noi
Sull’acqua
Alziamo ridendo
Pergolati di conchiglie
Raccogliamo le reti
Dei pescatori
Fuggiti
Adolescenza
Ti amo
Come i petali
Danzano nel vento
Come le rocce
Si scaldano nel sole
Come la spiaggia
si bagna nel riflusso del mare
L’onda che ritorna
Alle profondità degli abissi
Non ha nome
Trieste
Trieste
Terra d’acqua e di roccia
Ci doni
(ed è un miracolo sempre)
queste lunghe serate
tra i grilli
E la città si allontana
Con il suo grigio
Di morte
Sì
Sì, amo l’avventura
Profumata di muschio
L’eco folle dei monti
Due occhi
Che mi guardino
Nell’anima
Non credo ai videogames
Non credo ai videogames rumorosi
Alle stupidità televisive
All’amore dopo cena
Alle spiagge piene di gridi
Ai facili valori della vita
Al peeling per mostrar vent’anni
Non credo
Ai sorrisi perché poi scopiamo
Ai necessari convenevoli
Alle parole di chi crede
Alle magnifiche sorti e progressive
E neanche (ormai) alle parole
Di chi fugge
Da questa assurda nostra società
Mi intenerisce una piccola conchiglia
Il silenzio dei monti
Il vento tra i capelli
Ho fame di cose cristalline
Scortecciando
L’assurdo della vita
Vorremmo
Ritrovare ciò che vale
Atarassia
Non credo
Nella facile felicità
Raggiunta per sorte
O per denaro
Nell’insieme non credo
Alla felicità
Ma in ogni momento
Mi ritrovo consapevole
Di fare qualcosa
Per quella che è sola
La meta
Dell’uomo infelice:
la serena consapevolezza
il capire e il capirsi
il sorriso che nasce
dall’aver superato
le illusioni e le delusioni
da tempo
dal non avere più desideri
Giustizia
E ci arrabbiamo per nulla
Perché all’uomo comunque
Non è concesso
Che il suo frammento di gioia
Più in lui non cape
Seppure avesse davanti
Tutti i beni del mondo
E’ in fondo giustizia
Anche questa
La serena indifferenza
Aspettavo di trovare
Con gli anni
Un senso probabile
Del non senso di vivere
Frugando tra le rabbie e le noie
Frugando tra la vita
E la mia sempre troppo pallida
Idea della vita
Ma forse saggezza
È questa indifferenza serena
Che mi fa sorridere e amare
Sfiduciata eppure tranquilla
Indifferente eppure curiosa
Scettica eppure cordiale
Per prendere tra le dita
Quel poco infinito
Che questa follia ci può dare
Spiragli
Poesia
La ricerca placata
La parola raggiunta
Talvolta corteggiata per anni
Talvolta sgorgata all’improvviso
E poi fissata per sempre
E i moti dell’animo
Attinti fino in fondo
Le facili certezze scortecciate
L’anima nuda
Senza mistificazioni
Nulla mi ha dato
Un’ebbrezza più grande
Il sapore dell’eterno
Il senso dell’immutabile